Repubblica Toscana – Già Granducato di Toscana
Coronavirus: inganno globale mondialista
Ma anche occasione per la battaglia autonomista?
E’ chiaro e lampante – almeno per chi abbia ancora un po' di “sale in zucca” – come l’emergenza Coronavirus degli ultimi mesi non sia altro che un colossale inganno globale.
Osserviamo i fatti: si tratta di un virus che certamente fa ammalare alcuni e può rivelarsi fatale per dei soggetti più anziani già colpiti da altre patologie, ma che comunque alla stragrande maggioranza delle persone non provoca assolutamente nulla più degli stessi banali sintomi dei vari virus influenzali che ogni anno si diffondono soprattutto nei mesi invernali.
Questa presunta “pandemia” avrebbe provocato ad oggi 270.000 morti nel mondo e – restando nella regione geografica italiana – circa 30.000 (il tutto peraltro dando per assodato che la causa principale dei decessi sia stato il Covid-19, forse andando a vedere ogni singola cartella clinica scopriremmo che in molti casi questo virus è andato ad aggiungersi a molte altre malattie che come noto si vanno spesso ad inserire con facilità in un quadro clinico già compromesso…buona parte di questi sarebbe quindi morta “con” il virus e non “per” il virus).
Se si pensa che l’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che ogni anno tra le 250.000 e i 500.000 di persone nel mondo muoiano a causa dell’influenza, soprattutto ultra65enni, e che altre epidemie di ben più larga portata sono state nella storia molto più letali (come l’influenza asiatica nel 1957 che fece più di 1 milione di vittime, con un numero in Italia ben superiore all’attuale), è evidente che tutto quello che è successo negli ultimi mesi (chiusure totali, terrorismo psicologico quotidiano da parte dei media, imposizioni di ogni tipo nella sfera della libertà personale, “distanziamento” sociale) non è in alcun modo giustificato dai fatti.
La verità è ben differente: questo virus non è altro che un pretesto per l’alta finanza mondialista per sperimentare - facendo leva sulla paura sanitaria - tecniche di controllo sociale (verificando una capacità di reazione delle masse a continui obblighi quotidiani che nei fatti si è dimostrata pressoché inesistente), per colpire le economie di paesi che stavano insidiando i propri centri di potere (tanto che i paesi più colpiti sono stati la Cina che da mesi metteva in difficoltà l’economia degli Usa, e l’Italia e la Spagna che in Europa erano nonostante tutto i paesi meno allineati agli interessi finanziari dell’Unione Europea), nonché per rafforzare la diffusione di apparati tesa a nient’altro che a rendere ciascun individuo sempre più sradicato e schiavo del materialismo e del consumismo.
Il contesto attuale potrebbe però rivelarsi un boomerang per il globalismo con la sua promozione ossessiva della circolazione di merci, capitali e, soprattutto, persone, che il virus ha costretto in larga parte ad interrompere.
Esso potrebbe infatti costituire una importante occasione per il rilancio della battaglia localista, visto che è prepotentemente salito negli ultimi tempi dalle comunità e dai singoli il bisogno di identità e di senso di appartenenza: questa fase ha infatti costretto molti a riscoprire le proprie case, le proprie famiglie, il proprio quartiere, le botteghe a sé vicine, il proprio ambiente, la propria città e le proprie campagne, ha costretto molti a riflettere sul senso delle proprie vite, nonché sulle proprie vere o presunte libertà e sul valore di esse.
Questa fase potrebbe essere l’occasione per un drastico ridimensionamento della tecnocrazia globale con i suoi apparati industriali e virtuali, per avviare la costruzione di una società che valorizzi le risorse locali e le identità culturali, per l’affermazione di una struttura comunitaria basata su microeconomie autocentrate al posto della macroeconomia globalizzata, per mettere la scienza e la tecnologia a servizio dell’uomo e non il suo contrario, per ritrovare l’ancestrale legame e armonia spirituale con la propria terra, per costruire una nuova realtà che torni a reggersi sulla cooperazione e non più sulla competizione.
Potrebbe essere l’occasione per tornare a comprendere che i problemi di asili e scuole sono i nostri problemi, perché i genitori e i figli sono la nostra gente; che i problemi dei ricoveri per gli anziani sono i nostri problemi, perché gli anziani sono la nostra memoria storica; che i problemi dei disoccupati sono i nostri problemi, perché dobbiamo tutelare questi nostri fratelli dalla disperazione; che i problemi dell’ambiente sono i nostri problemi, perché riguardano la qualità della vita del nostro prossimo e la salute del nostro suolo.
Questa difficile situazione può essere anche l’occasione per riaffermare la centralità della politica sull’economia: e in questo solo gli autonomisti, gli indipendentisti e gli identitari che combattono la battaglia localista possono essere buoni politici, perché indossano i chiari colori della propria Terra e si pongono a SERVIZIO della propria Gente.
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